Quella folle immaginazione

Dicono che il mondo non stia fermo perché Dio non volesse farci vivere fermi nello stesso posto, ed è così che dalla notte dei tempi, da quando due uomini per primi iniziarono insieme a collaborare per farci trovare tutto quello che oggi troviamo pronto all’uso, corriamo di qua e di là come dei matti, come gazzelle e leoni, in cerca di niente talvolta, condannati a non dover mai star fermi.

Che poi non è tanto il correre che mi turba, quanto il non avere il tempo di mettere a fuoco le immagini che si susseguono. Certe volte riesco a vederle un po’ più chiare, ma non appena dò un nome a ciò che vedo, l’immagine è già cambiata perché corro, corro troppo.

Poi capita il giorno che decido di prendere una strada su e giù, con la terra, il fango, le pietre, le pozzanghere, e le ruote della Jeep ti scuotono su e giù, mentre il piede rallenta la corsa, così che appaiono le cose del passato che non ricordavi così belle perché in quel passato decaduto e ristrutturato non c’eri o ne hai perso la memoria.

Stradine che chissà quali carretti pieni di fieno e di uva sono passati, che i cavalli senza vapore tiravano stanchi verso la cascina che era là in cima alla collina, coi filari ordinati che non so se sono sempre stati così.

L’asfalto che dà tregua un attimo, ma subito la salita bianca col bosco verdissimo di fianco riprende a scorrere, e ancora ti scuote la schiena mentre guardi preoccupato un cielo nero che col tuono spaventa tutti gli animali che ti guardano implorando un poco di protezione.

Ancora mi vengono in mente quei cavalli che dovevano meritarsi la biada camminando piano, ma senza sosta, davanti ad un carro che aveva ruote fragili e conducenti arcigni, attenti a non cadere dall’altezza, abituati a trattare l’animale come macchina.

Il fango che sporca la fiancata ha il color biscotto dei campi di grano tagliati che diventano secchi, e dentro quella terra spalmata sulla vernice dei moderni carri senza cavalli, vedi la vita che vuole mostrarti come si fa a mandare avanti il mondo, vedi madre Terra incinta che ha in grembo i suoi figli da far nascere.

Avanti, giri e con le ruote nell’erba verde entri in un posto che solo Dio sa perché sia lì. Però c’è una sala illuminata dove i tavoli hanno sopra una tovaglia bianca, che si muove per il vento che entra dalle finestre aperte, e che aspetta i suoi ospiti serali. Fa caldo, ma lo farà per poco, quel vento preannuncia acqua che presto arriva da un cielo nero che però non è cattivo questa volta, e lo sguardo vede il filtro di gocce bellissime e feconde sfumare il paesaggio che in un attimo cambia completamente odore.

L’erba bagnata profuma in un secondo come profumava cent’anni fa e come profumerà tra cent’anni, e dai tetti delle case, che qualcuno ha splendidamente colorato come una volta, cade l’acqua dalle grondaie con quelle note che se non vi fossero ti accorgeresti che nella sinfonia del temporale manca qualcosa.

Ed i fiori che si chiudono senza riuscire a trattenere il profumo tra i loro petali ti mandano il loro messaggio dal passato in cui li coglievi per metterli in un vaso ed ornare la casa semplice, perché eravamo felicemente semplici, tutti quanti, semplicemente felici.

Ed ora le stradine sono ancora più belle, mentre il sole è già dietro la collina e le viti diventano tetre ombre nere, in attesa che la luce di domani si mischi con gli acini dell’uva sui loro rami per fare il vino di quel paese, e più in là, sull’ultima collina, un uomo osserva le stelle sognando di scoprire un occhio intelligente che sta cercando lui.

Mentre i gatti accendono i loro fari gialli e mi guardano chiedondosi perché corro sempre se poi, la vita vera, è quando siamo fermi a contemplare la semplicità attorno a noi, mentre i nostri semplici amici che brucano, galoppano, miagolano, volano e, comunque, vivono, ci fanno compagnia.

Che cosa saremmo senza gli animali? Se non ce ne fossero più moriremmo di solitudine. Tutte le cose sono collegate, la loro vita con la nostra, il passato col futuro, la realtà con l’immaginazione, il cavallo che tira il carro e la mia Jeep, io con voi.

Oggi mi sono fermato ed ho visto un mondo intero: ero nel 1900, quasi 2000… con una folle immaginazione, a chiedermi cosa collega ieri con questo oggi.

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