È come se sulla mia strada, non troppo lontano, vi fosse un muro contro cui inevitabilmente sbatterò se velocemente qualche lampadina non si accenderà nel mio cervello.

Non lo nego, è deprimente, e la mattina sale la rabbia e lo scoramento, la voglia di lamentarsi è incontenibile, fino a quando inizio a fare il mio lavoro.

Allora la testa pensa ad altro e ordina al corpo di produrre, fino a quando scatta una domanda semplice: “Ma per chi produco?”.

Un grande dolore, un immenso disagio attraversa tutta la nostra (una volta) splendida Italia, con un popolo che si gira dall’altra parte e non vede, si impegna ad ignorare le cause di un degrado ormai irreversibile come la cancrena di un arto diventato nero.

Eppure vedi le opportunità, ve ne sono quante non mai, e ti imponi di andare avanti forte del fatto che non bisogna preoccuparsi di un problema di cui non esiste soluzione.

Ma ancora più forte è quel senso del dovere che tanti come me, nati più o meno lì, stanno mostrando per rendere un po’ più sopportabile il futuro a quei bambini che non hanno nessuna colpa e ai quali viene negata la normalità, la felicità.

Per sempre quanto durerà? Per sempre il nostro impegno.

Vedo sempre più madri infelici con i loro bimbi per mano, in attesa di una parola di conforto, di un gesto coraggioso che le aiuti ad alzare gli occhi per sempre.

Per sempre; noi mezzosecolari saremo lì a vegliare ed a lottare per sempre, finché le forze non ci mancheranno, esattamente lì dove quelle madri ci vogliono e dove, invece, certi vergognosi non vorrebbero mai incontrarci.

Ve lo prometto, pur nella mia grande stanchezza e debolezza: il mio impegno, perché in questo mondo le persone vivano libere ed in grado di sostenersi adeguatamente, sarà totale e per sempre.