Sarà l’età, ma quell’aria fresca sulla pelle che solo il temporale sa soffiare, è diventata la carezza più bella di una giornata in cui i problemi che mi passano davanti sono sempre più orrendi.
Le gocce picchiano sul marmo, le sento ad una ad una distintamente perché sono ancora poche, mentre spero che non diventino ghiaccio. Ed il cielo nero ha già voglia, con un tuono, di cambiare colore e tornare un poco più amichevole ed estivo.
Ma non subito, ed arriva aria fresca, arriva la ventata di sollievo, e voglio sentirla sulla pelle come un buffetto di incoraggiamento, mentre vedo le gocce infilzate nelle spine dei miei cactus, Sembrano morire, ma invece portano la vita.
Ma che vita è, che vita è diventata?
Oggi il telefono ha tanto squillato per portare notizie sempre più incredibilmente lontane da una concezione di vita civile, di convivenza civile, e mentre ascoltavo attonito chi cercava di nascondere il suo nodo in gola, mi chiedevo ancora ed ancora “Ma in nome di chi?”.
In nome di chi e di cosa oggi la vita è solo sofferenza ed il futuro appare così incerto?
Sono i potentissimi, i ricchissimi? Chi sono coloro che hanno deciso che noi si debba vivere così, guardandoci le spalle per evitare l’amico che si avvicina per parlarti sempre e solo di quella cosa che ha gli aghi nelle vene, come nei vicoli nascosti di santi e di lastroni, in cui, per vendere la droga, gli schiavi si sentono padroni?
Siamo nascosti nelle scale del metrò senza lacci attorno al braccio, e se mai abbiamo pensato di bucarci, urliamo tutti per non essere inondati da quei messaggeri che qualcuno ha messo in una provetta ed i cui effetti li vedremo senza fretta.
E tutti i giorni la conta macabra non manca, quanti numeri su quel muro vicini ai quaranta, cinquanta, sessanta. E la morte è diventata supposizione, di che son morti se non c’è correlazione?
Ognuno ha la sua risposta, ognuno è condottiero e allenatore, ognuno parla e fa scongiuri, mentre il mio telefono non smette mai di squillare, perché di là c’è chi sa che rispondo per ascoltare. Ma poi un tuono che entra forte dalla finestra riesce a darmi tregua, assieme all’aria fresca, e la mia mano si appoggia sulla fronte che scotta dai pensieri con cui è in contatto.
Mi chiedo che ci faccio in questo passaggio, che cosa vuole la vita da me, perché mi ha fatto capace di ascoltare e di assorbire? Poi sembra facile continuare a camminare, ma so che ogni passo che faccio per la strada, corrisponde ad un brutto pensiero che bussa alla porta di qualcuno.
E’ dura, sono in difficoltà, ho il cervello in cortocircuito.
Meno male che il vento mi porta quella carezza di cui avevo bisogno, qui da solo, seduto davanti ad un telo verde con cui posso sognare ed illudere di avere il mondo in questa stanza, mentre la gente soffre ed io cerco di farla sorridere.
Speriamo che la guerra finisca presto.