My life matter

Un giorno sono nato e non mi sono fatto domande.

Forse ho cercato con un po’ di trepidazione una boccata d’aria, ma, istintivamente, non ricordo di aver cercato di scoprire di che colore fosse la mia pelle.

Ho scoperto solo di essere nato, e non ho avuto paura di essere quello che ero, perché la purezza del momento era scevra da ogni pensiero distintivo che poi accompagna gli uomini per il resto della loro vita.

In quel momento la mia vita contava, come ogni altra forma di vita sulla terra, fino a quando qualcuno è arrivato trafelato a farmi notare che dietro ad un bel vestito c’è il bene, dentro una bella macchina c’è il bello, in una bella casa c’è la serenità.

Non ricordo però nessuno che sia venuto a spiegarmi che dentro una pelle bianca vi sia il meglio, anche se sono abbastanza certo che qualcuno (che mangiava grazie alla supposta tutela di qualcun altro) sia venuto a spiegarmi le differenze cromatiche.

Ed io sono cresciuto conoscendo sempre più me stesso e senza paura di essere ciò che ero, ho accettato quel livello di sana competizione che la vita non risparmia a nessuno, e, con animo inoffensivo, incapace di trarre vantaggio programmando disgrazie altrui, non ho mai fatto altro che meravigliarmi di chi esibisse delle differenze che non avevo mai notato, per chiedere di non essere visto come diverso.

Quando siamo nati non sapevamo di essere ricchi o poveri, eravamo lì in braccio ad una mamma che, dopo 56 anni, posso testimoniare che sia ancora necessaria perché il miracolo della vita si rinnovi. La mamma non è uno stereotipo, non è un modo di pensare, è procreazione, e, per quanto ci si voglia sforzare, qualche pezzo di mamma serve sempre se vogliamo avere eredi su questa terra.

Ecco, magari inginocchiamoci davanti alle mamme che lottano ogni giorno per i figli: le altre si guardino allo specchio e chiedano chi è la più bella del reame.

Quando sono nato faceva caldo e uscire fu un vero e proprio travaglio, di quelli che non scrivono polemiche sul giornale, di quelli che partorirai con dolore. Eppure era bastato il primo respiro per desiderare solo un po’ di pace e serenità, perché poi sarebbe bastato il rispetto.

Ed oggi inginocchiatevi davanti al valore di ogni vita, perché le differenze che noi vediamo sono quelle che la rendono bella ed accattivante, mentre le altre non hanno nessun significato vero per questo mondo.

Magari qualcuno ci ha insegnato cose diverse, ma se prima dell’insegnamento il colore della pelle era solo qualche cosa che notavamo dopo qualche ora in spieggia, e non un problema da affrontare, allontaniamo con sdegno quel maestro, perché stiamo pur certi che il suo fine non è il bene, e l’unica pelle di cui si sta preoccupando è quella del suo portafoglio.

Io mi inginocchio davanti ad ogni persona che non può vivere la sua vita, e mai lo farò perché qualcuno che si crede superiore me lo suggerisce. Chi oggi ha la pretesa di dire agli altri cosa deve fare, parte dal presupposto che lui sia il solo essere intelligente e che i “sottoposti” gli debbano rispetto ed obbedienza.

Ed allora ve lo dico chiaro, io amo le persone per come mi fanno sentire, amo anche quelle che mi inteneriscono ed addolorano perché vivono in situazioni drammatiche, ed allora è necessario che mi inginocchi per vedere come stanno e per farli rialzare.

Per chi si erge a paladino di coloro che lui definisce diversi io non ho rispetto.

A queste persone posso solo dire che la mia vita vale, mentre loro sono solo morte.

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