Sono gli ultimi passi, fatti con grande calma, con la voglia di guardare indietro e l’orgoglio per non farlo.
La scaletta di metallo, pochi gradini per entrare nel nuovo mondo che si raggiunge con un pulsante grigio in mezzo a tanti altri, e mentre la strada si conclude, alle spalle è tutto un rifiorire, un tornare verde, con i fiori che prendono il posto dei palazzi e l’aria che torna pura anche se nessuno voleva più credere alla vita.
Ma la vita c’era, nascosta alla vista di chi non voleva vedere, ma presente qui in quel mondo in cui l’uomo ha abdicato dopo aver succhiato ogni linfa, fino ad andarsene.
Perché l’uomo voleva raggiungere l’infinito, voleva andare dove il cielo tocca il mare, ma è stato schiacciato tra quelle linee immaginarie, capaci di inondare la realtà eschiacciare chi non comprende che oltre quella linea Dio è seduto da sempre, in attesa di un nostro gesto che gli mostri l’apprezzamento per quel mondo donato che nasconde tante insidie, perché l’uomo migliori sempre.
E allora, per quanto sia molto più semplice rispettare ciò che abbiamo, noi distruggiamo tutto sognando altri pianeti verso cui orientarci per trovare una vita migliore, che poi altro non sarà che la distruzione sistematica di ogni cosa bella che troveremo, e lo sfruttamento di ogni vita serva ad essere potenti.
Ed io immagino gli animali in fila silenziosa, nascosti dietro le macerie di questo mondo finto, felici mentre osservano i bipedi assassini che se ne vanno, tutti orgogliosi della loro distruzione, a testa alta per le loro nefandezze.
E l’ultimo uomo se ne va, e la terra torna libera di vivere senza leccaculo, violenti e stupidi, quella razza sottosviluppata che si è sempre atteggiata ad intelligente, capace di cercare il successo senza fatica, capace di autodistruggersi per il bene supremo del denaro,
Ed il verde torna verde e l’azzurro torna azzurro, nella speranza di non vedere più la razza umana da queste parti, e che nessuna stella venga più disturbata dal cogliere di un fiore.