Le risposte che non hai

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Come quei ragazzi che hanno in mente quelle domande a cui non sanno dare risposta, come quei ragazzi impauriti perché un vile vuole che imbraccino un fucile, senza parole, senza sentimenti da provare a farsi male, con quel male in fondo al cuore, certe volte convinti che sia colpa loro.

Come quei ragazzi che vanno via, con sullo schermo una fotografia, a consumare altre notti perché troppo delusi da un futuro che non verrà mai, condannati a vivere nel passato dei vecchi che raccontano le loro storie romantiche, ragazzi da capire perché non possono sapere, mentre pensano come non mai a quelle risposte che non hanno, a quel senso che non c’è.

Ed io che vado via, senza saperne la ragione, su un treno che ovunque vada sarà sempre meglio del nulla che ha travolto la strada che stavo percorrendo, o forse è solo che il mio destino doveva essere così, in una vita in cui per essere tranquilli bisogna avere un coraggio da leoni e combattere ogni giorno.

Per essere tranquilli! Come se fossi una macchina col motore sempre fuori giri, coi freni rotti e poca benzina.

Un passo avanti, un pensiero indietro, che gli abbracci di chi rimane sono solo nostalgia che taglia le gambe, ma ci sono i cattivi qui, quelle bestie che non puoi dargliela vinta, che violano qualsiasi valore per imporre il male, il vuoto, la depressione, la violenza, la non coscienza, fino a quando lo scontro non diventa neuronale, ed allora vince chi il sale ce l’ha in zucca, oppure picchia più forte.

Andiamo via, senza saperne la ragione, in un viaggio che sembrerà lunghissimo per il peso che ci porteremo sulle spalle, lontani dai prati in cui abbiamo colto i primi papaveri e gli ultimi fiordalisi, dove forse le nonne non ci prepareranno più il pane burro e zucchero, appena oltre quel muro che ci proteggerà dai colpi dei vili serpenti che non hanno donna e nemmeno casa, un muro su cui arrampicarsi per vedere lontano, nel futuro e nel passato, un futuro che inietta speranza, un passato su cui vigilare per gridare altolà al primo ombroso movimento sospetto.

Forse è solo colpa mia, perché non so quale per quale idea e quale guerra combatteremo, ma mentre i pensieri scorrono veloci, arrivano le immagini evocate dalle storie che raccontano i bambini, e con esse tante parole per riempire le frasi delle risposte che non avevo, mentre il coraggio alberga in me senza che io me ne possa ancora meravigliare, in mezzo alle scale pieno di brividi, in attesa del più bel regalo di Natale.

E adesso che ho le risposte nulla cambia, resta il disagio acuto e profondo che passa solo mentre penso che, in fondo, una guerra si combatte senza pensarci, convinto di vincere per il bene, e che se dovessi essere di quelli che dovranno abbandonare il campo prima della fine, non mi volterò indietro a maledire il momento in cui ho deciso di fare le cose per cui sono nato.

Faccio un passo, mi fermo e mi giro, voglio dire una parola prima di sollevare la polvere sulla strada, voglio sussurrarla a quell’idea che mi è entrata piano piano da quando sono nato, quel sogno di libertà che avrebbe garantito una opportunità a tutti, e che invece oggi gli aguzzini che hanno perso il senno travolgono senza pietà per le persone e per le loro mamme che si vergognano di averli messi al mondo.

Sì, ho una cosa da dire in quest’attimo di mille brividi, mentre gli occhi lucidi cercano di riconoscere il male che mi ispira sensazioni di sconfitta profonda, quel male nascosto come solo chi striscia sa fare, ed a cui altro non posso dire che…

Potrete annientarci tutti se ci riuscite, ma la nostra idea non la vincerete mai, e da questa nascerà un nuovo mondo felice e la vostra condanna, eterna!

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