Mi ricordo la prima volta che una telecamera ha acceso la lucina rossa mentre mi inquadrava, in un momento in cui ogni cellula del mio corpo si chiedeva che cosa avrei potuto dire e tutta la timidezza, mai avuta in una vita, mi è saltata addosso.
Un attimo che ancora ieri ho ricordato con tenerezza perché ora non mi capita più, perché oggi, lo devo ammettere, più che alla mia faccia, penso alle persone che sento in attesa di una parola dolce e di conforto, desiderosi di una piccola luce che proietti anche una fievolissima ombra nel buio totale.
Sono scomode, quelle sedie, scomode per vivere le scemenze che dico, scomode come le selle dei cavalli degli eroi di cui io faccio da scudiero fidato, perché loro sono ciò di cui il mondo ha bisogno e di cui non si può fare a meno.
Eppure quel ruolo lì, al fianco di un maestro di vita che mi stima e che mai dimenticherò, mi dà la consapevolezza del rapporto che si è creato con migliaia di persone che pensano bonariamente che io sia scemo perché non mollo mai, e ancora non si spiegano il perché.
E sì che la risposta sarebbe semplice, ed è vero che faccio lo scemo, sono dispettoso, immaturo, scanzonato, ma col mondo che c’è lì fuori che cosa ho a che vedere?
Sono lì a mediare, sono lì a strappare un sorriso, a legare, a sdrammatizzare, per poi prendere la mia macchina e, nella notte che mi mette paura, restare in attesa che tutto questo mi faccia trovare dei fiori freschi la mattina quando apro gli occhi.
Avete ragione, sono uno scemo, e quelle sedie mi fanno male alla schiena, ma se alla mia età ho il privilegio di poter entrare nelle case e camminare nelle anime di tanti amici, che sento presenti ad uno ad uno, è perché ho capito davvero il vostro valore, e non potrò più cancellare queste emozioni che un giorno ricorderemo così, quando la tempesta sarà passata.
Tutto questo non so se è amore, ma so che è fatto della stessa essenza.