Il topo, la gallina ed i potenti

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C’era una volta un palazzo bellissimo, con gli ori e gli arazzi alle pareti, affreschi stupendi che lasciavano mozzafiato chiunque entrasse. In mezzo alla sala più bella c’era l’uomo più potente e temuto del momento che teneva per il collo una gallina sanguinante a cui aveva strappato tutte le penne.
Si sentivano urla fortissime e molti dei presenti, che per l’alto rango mai avevano visto un tale animale al di fuori di una tavola imbandita, trattenevano a stento il loro disgusto, e si giustificavano pensando, come asseriva il loro capo, il Potente, di trovarsi davanti ad un esperimento scientifico, un esperimento sociale.

In quel palazzo che tutti credevano impenetrabile, sano, pulitissimo, dal basso, fuori dagli sguardi superbi dei manichini scienziati, un topolino solitario guardava la scena e, con la scaltrezza di chi la stessa scienza ha attribuito incredibili somiglianze con la razza umana, era in attesa di capire se avrebbe potuto guadagnare qualcosa da quel folle esperimento.

Sapeva bene il topo che se qualcuno lo avesse visto per lui sarebbe stata la fine, ma nel buio e senza proferire squittio, aspettava un po’ di fortuna, quella che aiuta gli audaci.

La gallina aveva perso ogni forza, respirava a fatica, i suoi polmoni esplodevano ed il suo collo era ormai prossimo a spezzarsi, fino a quando, improvvisamente, il Potente allentò la sua morsa e la fece cadere sul tappeto preziosissimo sporco di piume intrise di sangue.

I benvestiti presenti guardavano quel sangue con disgusto, ma totalmente indifferenti alle sofferenze della gallina, in attesa che il Potente svelasse il significato di questo macabro affollamento.

Ora la gallina immobile sul pavimento aveva un punto di vista differente, poteva vedere quello che il Potente non vedeva e, tra una seva di scarpe lucide, scorse due occhietti luminosi nella fessura di un muro. Il topo si accorse di essere stato visto, ma non fece nulla, pensava che la gallina, che lo guardava in cerca di aiuto, con il suo sguardo implorante, da lì a poco avrebbe ricevuto il colpo di grazia.

E poi che poteva fare lui piccolo da solo? Meglio non rischiare, meglio farsi i fatti propri ed attendere gli eventi. Tutto sembrava avere fine, il sangue si fermò per un attimo nelle vene del roditore, ma avvenne qualcosa di strano, ecco forse una opportunità.

L’esperimento sociologico doveva ancora iniziare ed il Potente chiese di portargli del granturco che sparse per terra in piccole dosi, ed il pollo, con le sue poche forze, si alzò in piedi ed iniziò a mangiarne, avvicinandosi, ad ogni dose, sempre più al Potente che lo aveva testé spennato, ma che ora gli porgeva un po’ di cibo.

I presenti si complimentavano con il Potente per la perfetta riuscita dell’esperimento sociologico che dimostrava che il popolo è fatto di galline, lo puoi bastonare quanto vuoi, tanto poi con un po’ di elemosina torna fedele. Il disgusto per le scene truci a cui avevano appena assistito venne cancellato dal compiacimento per l’efficacia della lezione ricevuta.

Il topolino era sempre nascosto e venne in qualche modo affascinato dalle parole del Potente, pensando a quale fortuna lo avesse baciato ad averlo fatto nascere topo e non pollo. Il topo è un’altra razza, è furbo, è libero, mai dovrà soggiacere a tali umiliazioni.

Se ne andarono tutti, lasciarono la gallina sperimentata al suo destino mentre ancora cercava di beccare il granoturco, e mentre giravano le spalle il topo uscì dalla tana nascosta e, al massimo della sua velocità, portò via al povero pollo più chicchi di grano che riuscì.

La vita è questa pensava il roditore, i furbi ed i veloci vincono.

La gallina lo vide ma non poté fare nulla, dovette accontentarsi di mangiare ciò che era rimasto: pensava che, dopotutto, era riuscita a riempire la pancia e che probabilmente l’accaduto era stato causato dalla sua incapacità di comprendere ciò che il Potente sapeva e rappresentava. Era colpa sua in fondo, ma il Potente la aveva sfamata, andava rispettato.

Il topo intanto corse di nuovo nella tana e percorrendo lunghissimi cunicoli che di cui nessun umano sapeva dell’esistenza, face ritorno dai suoi simili a cui avrebbe voluto raccontare la storia appena vissuta e quanto era stato bravo a rubare il granoturco della gallina.

Quando arrivò, con le zampe sporche del sangue della gallina e piene di chicchi di grano, ebbe una sgradita sorpresa. Trovò tutti con uno strano bavaglio sul muso e tutti d’accordo nel non volerlo far rientrare nel gruppo, perché nel frattempo il Potente, davanti al codazzo di benvestiti sempre più conventi di essere vicini all’onnipotenza che il Potente rappresentava, aveva posto in essere un altro esperimento sociale.

Aveva fatto sapere ai topi che nel palazzo, in stanze lontane, c’erano delle galline che avevano una malattia che faceva cadere le penne e che questa disgrazia sarebbe passata da specie a specie se non si fossero messe in atto immediatamente azioni quali il divieto di trasferimento da stanza a stanza, il divieto di uscire dalle tane e l’obbligo di portare un bavaglio. La pena per chi avesse violato le regole senza autorizzazione era la messa in quarantena e una multa salatissima pari a 400 Kg di Emmental.

Il Potente aveva fatto sapere che nelle gallerie, per il bene dei topi che lui voleva assolutamente proteggere, aveva fatto installare 70.000 trappole per fermare chi avesse disobbedito e messo la specie a repentaglio, e che nuovi gatti erano stati fatti entrare a palazzo.

Tutti i notiziari di palazzo riferivano che il Potente, per evitare il diffondersi del morbo (che nel frattempo aveva saturato tutti i pollai di rianimazione dove, alle galline spennate, veniva inserito un tubo nel collo perché qualcuna aveva spiegato di aver avuto problemi a respirare mentre perdeva le penne), distribuisse (in dosi scientificamente prestabilite) del grano magico e protettivo per tutte le galline, e che avesse promesso l’arrivo di 209 treni di questo ben di Dio entro poco tempo.

Il topo sapeva bene che le cose non erano esattamente quelle raccontate, e cercò di spiegare che aveva visto, aveva sentito… ma quel sangue sulle zampe, ormai coagulato, non faceva che allarmare sempre più la sua diffidente comunità che decise di non ascoltarlo, di isolarlo e di seguire le indicazioni del Potente.

Anche per il topo che si credeva furbo e scaltro non c’era più speranza, in pochi attimi il suo destino era irrimediabilmente cambiato, perché ora non aveva più modo di girare in cerca di cibo, ed era disperato nel vedere che solo lui fosse preoccupato per quello.

In quel palazzo nacque una leggenda che molti attribuiscono ai potenti portatori di sventura per il proprio popolo, una leggenda che in altri continenti hanno riassunto in questo modo:

“Non importa se sei leone o gazzella: se senti un potente dire che sta facendo qualcosa per te, inizia a correre”.

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