Quando ti senti vecchio e stanco, quando ti senti agli ultimi sforzi, di un’era passata, come quei treni a vapore che dopo tanti viaggi felici ora non servono più.
Piove e fa freddo perché i mesi sono pazzi, ed il vestito leggero si impregna di quell’umidità che picchia sulle ossa e l’umore sale poco e scende tanto, la strada sembra così lunga… e chissà perché gli incidenti sono tanti.
Meglio la meta che il viaggio oggi, la lontananza brucia sotto pelle e senti la mancanza della serenità, con una manina che ti saluta, una parola dolce che vuoi sentire da tutta la vita, i capelli in faccia che fanno prurito.
Smette la pioggia ma i cartelli annunciano chilometri di code, e con le dita stanche in cerca di un percorso alternativo che la tecnologia così avanzata non sa trovare. Basta non sentirsi soffocato in quella fila disumana, e via nella prima uscita, incontro al destino stradale verso il tramonto sereno.
È ancora un ricordo di quei treni una volta prestigiosi ed oggi obsoleti con la loro caldaia a pressione, con quel fumo bianco nero che i ragazzi d’oggi non conoscono e che invece attraeva le mie generazioni che non sapevano dove la tecnologia li avrebbe portati, perché eravamo sprovvisti di indizi futuristici che avrebbero potuto guidarci.
E finalmente la stazione è dietro la curva là in fondo, e persino le palpebre stanche di stanno rifiutando di svolgere la loro funzione.
Dritto con la testa piegata, la vista annebbiata che dal buio guarda nella luce, e il volto di una bimba felice che fa ciao con la manina e allora va bene la stanchezza e il sacrificio, finché c’è pressione nella caldaia, finché da lassù arriva tanto amore.