Lo senti perché c’è il vento che trasporta la sua polvere negli occhi e tu allunghi una mano per darle una carezza, asciugarle una lacrima, ma non arrivi fin lassù.
Così continui a mirarla mentre lei, seppur piangendo, continua a brillare nel cielo nero in cui vive con miliardi di tremolanti punti luce come lei, che visti da quaggiù sembrerebbero delicatissime farfalle alla mercé di chiunque sappia soffiare più forte.
Ma non ci dobbiamo sbagliare nel confondere questa immensa delicatezza con la vulnerabilità.
Quando una stella sta male puoi solo guardare in cielo per dirle che sei quel granello di sabbia in quel posto chiamato terra ma azzurro come l’acqua, insignificante servitore di un astro così magnifico, impotente leone incapace di dire e di fare qualcosa di significativo, ma paziente in attesa che passi la tempesta.
E allora stiamo qui, soli nella spiaggia piena di granelli mossi dal vento, cercando di non disturbare il pianto delle stelle, cercando di far loro comprendere che siamo quei fiori che possono far riaccendere il loro sorriso, mentre il cielo torna un po’ più chiaro e la luce nasconde le lacrime e le fatiche di chi ogni notte ci fa sognare.
Quando sta male una stella sta male anche un uomo.