Quando ti lavi le mani con la sabbia

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C’era una panchina nel regno dell’incuria, sulla via desolata di quella campagna che non c’è più perché oggi il democratico l’ha abbellita togliendole quella (secondo lui) ”inutile” poesia.

Seduto con la radiolina grigia in mano e il tuo amico che dice che è finita, ma mentre mostri un sorriso rassegnato, dentro sai che finisce quando Dio fischia. Speranza, follia, illusione, delusione, mentre il gigante ha già giocato le sue carte invincibili e tu, credi di essere nel mondo delle favole?

I soldi, l’industria, il potere, l’organizzazione, l’arroganza contro il cuore, eppure, poco prima dei tre fischi, ecco tre coraggiosi, con le rughe sulle mani, che ribaltano il risultato in un momento, in un sussulto che segna la storia delle persone appassionate che hanno sempre lavorato e fatto sacrifici a testa alta, uniti anche nel ricordo di una tragedia che, non tantissimi anni fa, ha fatto angeli tanti eroi.

Sì, ora tutti gli altri dicono di aver sempre creduto nel miracolo, che poi miracolo non è, perché di miracoloso non c’è nulla nell’alzare la testa e nel fare il proprio dovere. E’ qualcosa che a noi semplici persone di cuore capita di fare miracolosamente da una vita, ogni volta che la mattina suona la sveglia che ci disarciona dai nostri sogni tranquilli e ci ingrana in giornate superproduttive, per fare un PIL che a noi non dà da mangiare.

Tante parole per dire che non succederà niente, che ora l’arbitro fischia, che è finita, tutte sciocchezze spazzate via dalle rughe sulle mani, quelle mani dure che si lavano il grasso con la sabbia nel sapone, che le trasforma in simboli di chi ha un’anima dolce ed un cuore che batte, mentre offre il the caldo a chi indossa la divisa.

Mani ora ferro, ora piuma, mani capaci di ribaltare risultati contro chi considera l’avversario sconfitto in partenza, sottovalutandolo con l’arroganza del soldo davanti all’uomo, dello status quo che incute terrore, con i simboli che inneggiano a quei demoni che forse, da oggi, avranno capito che la provocazione altro non porta che alla reazione dei cuori impavidi.

Mi ricordo l’odore della pasta lavamani, mi ricordo lo sporco strappato dalla sabbia, mi ricordo le mie mani trattate come stracci, ma che non hanno mai smesso di tendersi per aiutare qualcuno.

Prendo la mia nave ed entro in porto, e vedo mani che sanno, oggi vedo mani che dicono basta.

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