Vuoi vendere i tuoi prodotti, qualunque essi siano, anche quelli che causano milioni di morti e delle cui conseguenze ci penserai più avanti (ma tanto non pagherai mai abbastanza)?
Facile:
prendi per il culo le pecore che si credono intelligenti.
Guarda come si fa.
Lancia una campagna in nome dell’uguaglianza dei sessi (o di quello che vuoi tu), tipo la seguente:
“Nell’interesse dell’eguaglianza dei sessi e per combattere un altro tabù sessuale, Io ed altre giovani donne accenderemo un’altra torcia della libertà fumando delle sigarette mentre passeggiamo sulla Quinta Avenue la domenica di Pasqua. Facciamo questa cosa per combattere lo sciocco pregiudizio sarebbe adatta a casa, al ristorante, nei taxi, nei teatri, ma mai, mai per il marciapiede.”
Ovviamente prendi un gruppo di donne appariscenti e mandale in strada, nelle piazze, ed in TV a manifestare, dopo aver spiegato loro che sono le paladine della libertà. Non lo capiranno che le prendi in giro, a loro interessa apparire, sopra tutto e tutti.
Ora paga la pubblicità della tua idea su ogni media disponibile, e, mi raccomando, non dimenticare di usare tra le testimonial le più note femministe del momento, le influencer di moda, possibilmente che sembrino furbe, non intelligenti.
Agli eventi fai in modo che sia presente la stampa con tutti i fotografi disponibili ed i webmaster disponibili, ovviamente preallarmati con congruo anticipo dagli organizzatori. Non serve che siano bravi, devono essere tanti e assolutamente interessati solo a mandare per primi la notizia.
E’ un attimo: scatta l’imitazione delle donne, con conseguente circo mediatico che dirà quanto fumare faccia bene all’uguaglianza dei sessi, e quanto siano fake news quelle in cui dei vecchi medici rincoglioniti dicano che il fumo faccia male. Boom, incremento esponenziale del consumo delle sigarette, in nome della libertà, dei diritti, dell’uguaglianza, contro tutti quei negazionisti bastardi ed ignoranti, che vorrebbero addirittura mettere in dubbio l’importanza di questa etica rivoluzione sociale.
Sto scherzando? Vi sto prendendo in giro?
Voi che ne dite? Vi sembra una lotta per la libertà?
No, non lo è. Si tratta di un esempio creativo dei simboli sociali, e di come questi possano essere manipolati (in questo caso, vero, le industrie del tabacco ci hanno fatto pacchi di soldi, e alle donne è venuto il cancro).
Eravamo negli anni ‘20, un secolo fa, mentre i primi studi sui danni da tabacco furono realizzati all’inizio degli anni ’50.
I risultati furono sconvolgenti:
i fumatori presentano un rischio di morte superiore a quello dei non fumatori del 52%.
Ovviamente ci furono dei fastidiosi negazionisti della libertà delle donne che cercarono di sensibilizzare l’opinione pubblica. Sostenevano la, diciamo, “controversia scientifica”.
Ma i venditori di fumo avevano un’arma fortissima dalla loro. Il tempo.
Il tumore si sviluppa in molti anni e, nel frattempo, oltre al fumo, siamo esposti ad altre forme di inquinamento dell’aria, e quindi come ci si può fidare di chi sostiene il legame tra tabacco e cancro? Tutti cialtroni negazionisti dei diritti delle donne. Fumate che vi fa bene, anche i bambini dovrebbero farlo, perché i bambini è giusto che scelgano ancora nel grembo materno cosa vogliano diventare e con cosa avvelenarsi. Questa è libertà, non scherziamo.
Poi un giorno passa di lì un altro rompicoglioni che sa contare e dice che la statistica evidenzia chiaramente quel legame fumo-cancro: porca puttana, adesso tutto è matematico, è logico, è dimostrabile… Ma va, creduloni!
Che ci vuole a tenere tra le scartoffie lo studio? Addirittura, chi si permise di sostenere che i numeri parlassero più chiaramente dei giornalai pagati delle mega industrie, fece in tempo a morire lui stesso di cancro al polmone, da buon fumatore accanito, nel 1957.
E vai, tutti fumano, attori e medici, alla grande, ed i camici bianchi utilizzano la loro autorevolezza per raccontare che i risultati degli studi contrari al fumo vanno presi con cautela, perché le cose sono complicate. Loro sono scienziati, loro sono medici, e tu non sei un cazzo! Che parli per fare?
Il numero uno dei comunicatori pro fumo è un certo Clarence Little, il genio che combatté il possibile bando alla pubblicità di sigarette. Un giorno se ne escì con:
“Il dubbio è ciò che dobbiamo vendere, perché è il miglior modo di competere con il dato di fatto”
Il dubbio, ecco cosa vendere, e mentre lo vendevano, la Legacy Tobacco Documents Library, registrava montagne di ricerche, eseguite con criteri inoppugnabili e poi regolarmente nascoste alla collettività.
Ma la genialata non finisce qui, per insinuare il dubbio si fonda una finta rivista scientifica con lo scopo di far credere che gli scienziati siano spaccati in due fazioni. Un medico pneumologo elencò chiaramente le 28 ragioni per dubitare del legame tra sigarette e tumore, mentre un suo collega, sempre con l’intenzione di confondere le persone, sostenne che nascere in marzo è causa di predisposizione al tumore al polmone.
Oggi per esempio si sostiene che tirare lo sciacquone del cesso… sì ma è un’altra storia, figuriamoci se oggi ci possono prendere per il culo! Noi siamo così intelligenti e non manipolabili…
Ma andiamo avanti, avanti con milioni di morti di cancro non correlabili grazie a miliardi di dollari di strategie pubblicitarie rivolte direttamente al pubblico.
Fino a quando la scienza, quella onesta, riescì a penetrare la politica marcia. Siamo nel 1964, e, finalmente, si mette nero su bianco:
il fumo di sigaretta causa il tumore al polmone.
Tutto finito?
Figuriamoci. Con calma, che fretta c’è di smettere di incassare miliardi?
Si arriva così agli anni Ottanta per illustrare i legami tra il fumo e tumori di polmone, laringe, esofago, stomaco, vescica, pancreas e reni. Il 30% delle morti da tumore è attribuibile al fumo, si legge. E lasciamo perdere i danni all’apparato cardiovascolare e a quello respiratorio.
Ma si fa luce anche un’altra analisi. Viene fuori che per ogni dollaro investito nelle campagne antifumo, le aziende del tabacco ne spendono 4.000, e allora si decide di scrivere sui pacchetti di sigaretta le etichette informative che leggiamo anche oggi.
Cala dal 38 al 27% la percentuale di fumatori, e si smette di negare le stragi del fumo.
Ma pensate che sia finita qui? Ma va, con gli interessi che ci sono figuriamoci se mollano l’osso.
Le star del cinema si fanno pagare per sfruttare la loro immagine mentre fumano in momenti eroici, oppure mentre aprono le gambe per arrapare l’idiota di turno che scambia le pippe per sesso vero: ed ecco nuovi clienti fumatori, specie giovani.
Giusto per essere chiari: nel secolo scorso vi sono stati circa
100 milioni di morti
attribuibili al fumo.
Ma si sono sacrificati per la nostra libertà di essere presi per il culo, mica per niente!