Oh mio Dio

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Guardavo il verde scorrere ai lati della mia macchina rosso passione, mentre l’anima taceva ascoltando il corpo vibrare nei discorsi di chi mi ha dato la vita, e che in tutta una vita con rispetto, non so se ho mai approvato.

Eppure nella lontananza delle idee e dei pensieri, siamo qui in mezzo alle salite ad invidiare ciò che il buon Dio all’uno ha concesso e all’altro no, e poi pensiamo che almeno ci è stato regalato tanto tempo per non comprenderci mai, per desiderare di avere ragione, per avere l’ultima parola, che, anche se sembra un dono da poco, è l’unico per cui ti svegli la mattina con quelle poche energie da spendere e che non vuoi usare per quei teatri in cui sei troppo piccolo per avere la meglio.

E allora guardo avanti, e vedo il ciclo della vita che miliardi di volte ha compiuto il suo miracolo naturale, mentre questi giorni passano e tutto mi appare artificiale, falso, cattivo, e capace di portarmi via anche ciò per cui darei la vita, senza che io possa fare nulla.

Qui alzo le mani, e posso solo credere nel tuo disegno divino in cui chissà che ruolo rivesto, mentre cerco di non pensare.

No, non sono nato tranquillo e remissivo, oh mio Dio, non sono capace di porgere l’altra guancia e nemmeno di tirare pugni troppo forti e in grado di ribaltare le sorti delle partite già perse, ma nascere buono non può essere una colpa, non può essere disonorevole l’impotenza e la vulnerabilità, perché poi quella bontà d’animo so essere il vanto di chi me l’ha impressa fin da piccolo, facendomi soffrire e lamentare affinché io capissi la differenza tra il bene e il male, tra il sudato ed il trovato, in un mondo i cui esempi erano canzoni stonate, notti di note suonate male, di orchestrali senza onore che non sono mai affondati con la loro nave.

Eppure la bontà di Dio è la somma delle forze più diverse, dei caratteri più contrastati, delle vite più incredibili capaci di morire un giorno per ritornare a vivere dopo poco, con un’incredibile voglia di andare avanti e la falsa promessa di non dimenticare gli errori del passato.

Mi guardo attorno e vedo un mare di esperienze che si mescolano male come l’acqua e l’olio, dando origine ad un composto che io non so che farmene senza arrendermi al mistero che prende la mia mano e mi conduce su quella strada che ho sempre percorso con fatica, e che ogni mille brontolii mi strappa un sorriso.

Perché non è vero che mi lamento sempre. Quello lamentoso è quel me stesso mio che hanno costretto tantissime volte ad accontentarsi di una vita non sua e piena di compromessi, mentre avrebbe dovuto dimenticare la paura di perdere le cose finte ed aggrapparsi solo ai sogni, per avere una vita fantastica grazie a quei talenti di cui non andava fiero e temeva di mostrare senza l’approvazione dell’esperienza autorevole.

E la vita scorre e scorrerà finché il buon Dio vorrà, e non saranno i brutti e cattivi a decidere quando, perché dopo tutte le cose di cui mi sono, forse giustamente, lamentato, so che non sarei qui a scrivere queste parole se non le avessi vissute, in compagnia di coloro con cui mi sono confrontato da sempre, in cerca di sostegno e qualche coccola che quasi mai arrivava.

Oh mio Dio che tempi, ma forse, anche se credo di non essere pronto per capire ancora tutto ciò che vuoi, so per certo che le prove che mi hai messo davanti sono state necessarie per fare oggi qualcosa di importante per me e per tutti quanti. Un giorno mi spiegherai meglio, o forse lo capirò da solo, ma già ora sono consapevole che se così non è, non avrebbe avuto senso questa vita.

Non si muore con i rimpianti per le cose belle ancora da fare, si muore quando si è compiuto ciò per cui si è nati, è tutto qui il segreto, e poi un giorno me lo spiegherai bene.

Oh mio Dio.

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