Viaggiavo con la mia macchinina che sembra trasportata dai sogni di bambino, quella che schiacci un bottone e fai i viaggi nella fantasia, ed andavo incontro al profilo luminoso di una città così vuota ultimamente.
Gli splendori finti che lasciano freddi, ammutoliti, in code di auto che viaggiano verso dove non si sa, e la città da bere in cui gli dei sanguinano.
E allora ho bisogno di sentire una voce vicina, di portare lo sguardo a fuoco su un futuro in cui non si parlerà più di niente che non sia vita, un domani in cui, ovunque andrò, troverò sempre il sole, la luna e stelle, troverò sogni e presagi, e converserò con gli dei.
E la mia macchinina correva con i suoi fanaloni rivestiti di nero, pronta a lasciare l’asfalto per buttarsi ad inseguire quegli dei con i loro difetti, quelli che ci invidiano perché siamo mortali, perché ritengono che ogni cosa sia più bella da vivere per un condannato a morte.
E’ il periodo dei cambiamenti e delle inevitabili scelte, delle opportunità che si nascondono dietro le crisi, ed è facile e agevole scegliere il male, una via semplice a noi molto congeniale.
Ma penso agli dei che hanno posto il sudore davanti alla virtù e sono consapevole di quanto sia lunga e difficile la strada onesta, addirittura aspra al principio, ma un giorno sarò in vetta e ogni cosa complessa diventerà agevole.
Così mi è scappato un sorriso, veloce, sotto il semaforo rosso, le strade mi sono sembrate un po’ più vive, e mi sono immediatamente messo a cercare una occupazione per evitare di iniziare a pensare.
E allora ricomincia la lotta, consapevole che anche agli dei ed ai geni a volte cade la spada, ma contento di aver avuto in dono un’ora fortunata.
Ed ho subito ricominciato a sognare, a tirare fuori le idee che vengono a me, quelle che poi “ma chi me lo ha fatto fare?”, e per cui da subito inizio a far voto.
E già so che quando gli dei vorranno punirmi, o farmi uno scherzo, esaudiranno le mie preghiere.