L’urlo

Chiudi per un attimo gli occhi. Chiediti, nel silenzio, cosa ti aspetterà domani? Poi dormi.

E poi richiudi gli occhi, ed immerso nel silenzio, domanda che cosa potrai fare domani per migliorarti. E poi dormi.

E non smettere più e, ad occhi chiusi, ogni sera chiedi al mondo che cosa tu dovrai essere nella giornata successiva, fino a quando la tua mente sarà capace di sentire quel cigolio che viene da lontano, da dietro le colline in cui il sole si tuffa in un rossissimo e caldo tramonto, mentre la città sembra sovrastare quella natura che ti accoglie meravigliosa, e tutto riecheggia nel silenzio un po’ ovattato, e tutto urla.

Quell’urlo che spaventa nel silenzio, quel cielo rosso che sputa sangue: tutti abbiamo nelle orecchie quel brusio che viene da lontano quando dalla cima della montagna la città più sotto appare tutta sfocata, quasi riflessa nelle onde di una pozzanghera, e siamo in grado di immaginare ciò che è bello e ciò che è brutto tra quelle mura così piccole.

Le urla che spingono alla pazzia, le urla che accompagnano il nostro giudicarci inadatti, pieni di rimpianti, incapaci di chiedere al mondo che cosa sarà di noi domani e sempre pronti non accettare mai ciò che la vita ci riserba.

Quel cigolio che si sente in mezzo a quei colori straordinari e che scuote la natura che col vento cerca di tenerlo lontano da te, quel mondo che in mezzo alla pace ti sembra infuocato, quell’immagine che se sei capace di coglierla al volo poi la tieni con te per sempre.

Io ho tanto urlato nella mia vita, io che ho tanti motivi tutti i giorni per strillare, ascolto ora in silenzio quei suoni che vengono da lontano; sono quegli strani cigolii che sembrano generati dalle finestre mosse dal vento, e a me sembrano un urla delle persone che vorrebbero mettere il naso fuori da quelle finestre senza riuscirvi mai, mentre le tende portano via anche la vista delle colline.

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